L’ambientazione nei giochi da tavolo: intervista a Francesco Testini

Quanto conta l’ambientazione nei giochi da tavolo? Ne abbiamo parlato nel nostro articolo sugli aspetti da considerare nella scelta di un gioco da tavolo, sicuramente dipende dai gusti personali e dalle necessità. Solitamente si dice che i giocatori “German” non si curino dell’ambientazione e che i giocatori “American” puntino molto su quella. Abbiamo incontrato Francesco Testini, autore di Xi’an (insieme a Marco Legato), titolo in uscita a breve per Pendragon Game Studio, molto attento all’ambientazione dei suoi giochi, e gli abbiamo fatto qualche domanda:

Ciao Francesco, quanto conta per te l’ambientazione nei giochi da tavolo e cosa aggiunge all’esperienza di gioco?
Ciao Sara e un saluto ai lettori. Dal mio punto di vista l’ambientazione è un elemento importante: permette di rendere più godibile e sensata l’esperienza di gioco, di viverla appieno. Ad ogni modo, il fatto che questa funzioni o no dipende anche da molti altri fattori, come il gruppo di gioco, la situazione e i gusti personali.

Come definiresti un gioco “ben ambientato”? Quali elementi concorrono a creare un’ambientazione sentita e coinvolgente?
Diversi elementi possono contribuire a creare la giusta alchimia. Un sistema di gioco ben congegnato, l’aderenza a fatti storici realmente accaduti, il fatto che il gioco riprenda il tema di un libro o di una serie tv magari già conosciuti, solo per citarne alcuni. Ribadisco però, l’elemento fondamentale resta il giocatore stesso e la sua disponibilità ad interpretare una parte.

Nella tua esperienza di autore, nasce prima l’idea dell’ambientazione, o delle meccaniche a cui poi “attaccare” un tema?
La mia esperienza di autore è ancora limitata. Credo che per chi è all’inizio come me sia molto più facile partire da un’ambientazione, una storia che ci piace e che conosciamo bene, per poi provare ad adattare una meccanica, anche prendendo spunto da giochi che già conosciamo. In questo momento annoto di pari passo ambientazioni e meccaniche interessanti che mi vengono in mente, provando solo in seguito a combinarle nel modo più appropriato.

Un autore sceglie le ambientazioni dei suoi giochi in base ai suoi gusti personali o si fa consigliare da giocatori, autori, case editrici?
Almeno all’inizio credo che abbiano molta influenza i propri gusti, le proprie conoscenze e la propria esperienza di vita. Nel mio caso hanno avuto un grosso peso gli studi di lingue e culture orientali, che amo tantissimo. Col tempo immagino però che subentrino altri fattori, come quelli che hai citato, e si impari a selezionare.

Xi’an nasce da un accurato studio storico e ci parla della realizzazione del celebre esercito di terracotta. Come ti sei documentato?
Ho conosciuto l’esercito di terracotta grazie ad un esame di storia, e l’ho visitato qualche anno più tardi. Quando ho avuto l’idea di farne un gioco quattro anni fa, ho cominciato a raccogliere informazioni e immagini da altri libri universitari, a leggere articoli on-line e guardare documentari. Ho cercato di capire che tipi di soldati venivano rappresentati e come si facevano a distinguere, quali tecniche si usavano per assemblarli, i materiali utilizzati, la disposizione tattica, gli equipaggiamenti, ecc… Ho studiato quindi la storia del primo imperatore cinese e la sua ossessione per la morte.

E come sei riuscito ad integrare aspetti storici e meccaniche di gioco? Ci fai qualche esempio?
La meccanica di gioco principale io e Marco Legato l’abbiamo derivata da un antico gioco cinese che si chiama “pai-jiu” (o più comunemente “pai-gow”), in cui ogni giocatore sceglie una pila di 4 tessere del domino per combinarle in 2 coppie. Abbiamo sviluppato quell’idea e abbiamo capito che il risultato ci piaceva perché alla fine ci portava ad una scelta semplice, ma sofferta: giocare prima degli altri o prendere tante risorse. Attorno a questo aspetto abbiamo man mano sviluppato delle idee basandoci al contempo e alle situazioni storiche, e alle esigenze che il gioco ci metteva di fronte: in definitiva i due aspetti hanno viaggiato di pari passo. Infine Pendragon Game Studio ha materializzato al meglio quella che era la nostra idea del gioco

Un piccolo esempio può essere quello della pedina del Primo Ministro. Avevamo bisogno di qualcosa che incentivasse ancor più i giocatori a “bruciare” carte alte per giocare prima degli altri, e al contempo di un sistema per restringere il campo d’azione sugli edifici. Il primo ministro era un uomo furbo che grazie al classico sistema del bastone e della carota teneva di fatto le redini dell’impero. Premi e punizioni insomma. Il sistema della pedina che si trova in un dato edificio premiando il primo giocatore che vi entra, ma che di contro limita il numero di pedine totali nella coppia di edifici è stato secondo noi un buon compromesso. Nel regolamento di Xi’an troverete accanto alle varie azioni dei trafiletti storici che ne spiegano il senso e il contesto.

Da giocatore, quali sono le tue ambientazioni preferite?
Le ambientazioni bucoliche, naturalistiche e… ovviamente quelle orientali.

Hai altri progetti in via di sviluppo? Si può rivelare che tema affronteranno?
In via di sviluppo c’è un altro gioco a tema cinese. In “Tang Garden”, realizzato in collaborazione con Pierluca Zizzi, e che sarà edito da Thundergryph Games, i giocatori saranno chiamati in qualità di ingegneri a costruire un maestoso giardino bilanciando gli elementi naturali di acqua, roccia e vegetazione e ad abbellirlo con padiglioni, ponti, alberi, piante e animali di diverso tipo. L’impatto scenico sarà magnifico.

Ci sono poi altri due progetti in lavorazione a cui tengo molto: uno con la stessa Pendragon Game Studio e uno con Post Scriptum, entrambi in collaborazione con Dario Massarenti. Spero ci siano presto novità.

Grazie Francesco e in bocca al lupo per i tuoi progetti!

E voi, quanto peso date all’ambientazione di un gioco quando lo acquistate o lo giocate?

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Comment (2)

  1. Per me l’ambientazione è molto importante, anche la meno sentita delle ambientazioni incollata sul più pesante dei german. Parto sempre dal presupposto che senza un briciolo di ambientazione staremmo tutti giocando con dei fogli excel, non credo che il nostro passatempo avrebbe tutto il seguito che ha; anche l’occhio vuole la sua parte!

    Ovviamente ho i miei gusti e preferisco certi temi ad altri ma quello che davvero preferisco è quando le meccaniche di un gioco hanno senso tematico, quando le azioni che possiamo compiere si sviluppano in uno specifico modo piuttosto che un’altro perché vogliono rappresentare (anche in maniera stilizzata) il modo di fare che più si addice al tema.

    Per fare un esempio, in Terra Mystica una generica razza fantasy costruisce un generico edificio per avere una rendita in denaro e lavoratori generici. In Clans of Caledonia un clan scozzese costruisce un caseificio per avere una rendita in formaggio che non può produrre se non ha “costruito” (passami il termine) una mucca che gli garantisce una rendita in latte. Da un punto di vista tematico, le azioni in Clans of Caledonia hanno così tanto senso che non è nemmeno necessario impararle, si appoggiano ad una conoscenza che bene o male tutti hanno, mentre in Terra Mystica è necessario imparare che serve un emporio per poter costruire un tempio, vuole rappresentare una sorta di progressione ma lo fa in modo molto generico, quasi totalmente indipendente dal tema.

    Un’altra cosa che preferisco sono temi che presentano qualche forma di “lore”, potremmo dire un contesto riconoscibile che ci lascia intuire l’esistenza di una linea temporale sulla quale la nostra partita non è altro che una finestra. Mi piace percepire che il mondo del gioco esiste e “vive” anche senza la nostra partita. Ovviamente questo è molto facile con i giochi a tema storico, proprio perché è qualcosa con cui tutti hanno una qualche forma di familiarità, e più difficile con le ambientazioni fantasy o fantascientifiche perché un gioco non è il medium per introdurre un contesto, e l’esperienza può risultare un po’ asciutta. In questi casi si può far leva sulla familiarità approfittando di ambientazioni già diffuse e rodate come Il Signore degli Aneli o Star Wars.

    Cercando di analizzare i temi in quest’ottica, riesco a godermeli di più e in generale a migliorare la mia esperienza con un gioco, e spesso anche ad apprezzare temi che normalmente non sarebbero i miei preferiti.

    spero di non essere stato troppo confusionario 🙂

    1. Non sei stato per nulla confusionario, anzi! Grazie per il tuo feedback e posso dire che sono d’accordo, un minimo di ambientazione ci vuole anche nel più freddo German. Poi quanto emerga durante la partita, o quanto sia legato alle meccaniche mi preoccupa meno. Ad esempio il tema poco sentito in Terra Mystica che citavi tu, non mi dà fastidio. Spesso una buona ambientazione, seppur “di facciata”, porta anche a dei buoni materiali e componenti e questo per me è molto importante!

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